domenica 26 novembre 2017

Individuare i propri schemi. Questionario di Young per gli schemi personali

Nel suo libro “La scienza della decisione” Alain Berthoz definisce la funzione del cervello che prende delle decisioni come una comparazione: si confronta lo stato del mondo con l’ipotesi di successo della decisione presa. Devo mangiare qualcosa: confronto il cibo che ho a disposizione, lo stato del mondo, con ciò che penso riguardo l’alimentazione. Inoltre, lo stesso autore afferma che anche quando percepiamo gli stimoli provenienti dell’ambiente, lo facciamo prendendo delle decisioni: tra la massa di informazioni disponibili selezioniamo quelle pertinenti ai nostri scopi. Quindi le nostre ipotesi sulla possibilità di successo di una nostra scelta è di fondamentale importanza per le decisioni che prendiamo durante tutta la nostra vita. 
Ma da dove provengono queste ipotesi? Il concetto di schema può essere utile a capire in che modo formuliamo le ipotesi su cui fonderemo le decisioni. Lo schema è un insieme di pensieri, sentimenti e comportamenti che utilizziamo per interpretare e agire nel nostro contesto ambientale. Uno schema è il frutto delle esperienze, ripetute o particolarmente significative, precedentemente fatte nel realizzare i propri bisogni. Gli ideatori della schema therapy, Jeffrey E. Young, Janet S. Klosko, Marjorie E. Weishaar, hanno individuato cinque bisogni primari che determinano la creazione degli schemi: 

  1. legami stabili con gli altri (bisogno di protezione, stabilità, cura e accettazione);
  2. autonomia, senso di competenza e d’identità;
  3. libertà di esprimere i bisogni e le emozioni fondamentali;
  4. spontaneità e gioco;
  5.  limiti realistici e autocontrollo. 

Qualora non siano state soddisfatte le condizioni per la realizzazione di questi bisogni, possono a venirsi a creare degli schemi non funzionali, mal adattivi, che si attiveranno ogni qualvolta nel contesto ambientale ci saranno degli stimoli capaci di attivarli. Per esempio, se un bambino ha vissuto un’esperienza di abbandono, da adulto potrà reagire in maniera poco adatta quando qualcuno a cui tiene si debba allontanare per un certo periodo, oppure per evitare di soffrire per una eventuale separazione decide di non legarsi a nessuno.



È possibile compilare on line il questionario verificandone i risultati. Mi sarebbe d'aiuto per la mia ricerca, sapere quanto vi riconoscete nei risultati ottenuti.
Clicca per il Questionario di Young.





mercoledì 29 giugno 2016

Consapevolezza del respiro

Il respiro è sempre con noi ed è il filo che collega ogni momento della nostra vita. Abbiamo respirato da quando siamo nati, e continueremo a respirare fino alla morte. Il respiro è uno scambio di energia e nutrimento tra l'ambiente "fuori" di noi e l'ambiente "interno" del nostro corpo. Ogni essere vivente ha il suo modo di respirare e manifestare questo scambio. È come se tutto il pianeta respirasse.

Ogni respiro ha il suo flusso e il proprio ritmo. Esso scorre attraverso di noi come un fiume, o come un'onda su e giù, dentro e fuori. Il ritmo del respiro è il ritmo del corpo, quando respiriamo respira ogni singola cellula del nostro organismo.

Portando attenzione alla respirazione, possiamo notare le varie fasi distinte del respiro: l'inspirazione, la breve pausa al colmo dell'inspirazione, l'espirazione, e la pausa alla fine dell’espirazione. Si può notare il punto in cui il respiro entra nel corpo, le sensazioni sottili che si avvertono sulla punta delle narici o da qualche parte all'interno della cavità nasale. Osserveremo il sollevamento e l’abbassamento dell'addome, o i movimenti superficiali del torace e della gabbia toracica. Forse saremo in grado di sentire i movimenti del respiro nella parte posteriore del nostro corpo, e in ogni parte del nostro organismo, sapendo che il respiro ha la capacità di nutrire ogni organo e ogni cellula.

Si inizierà a notare come cambia il respiro con i nostri stati d'animo. Ci sono momenti in cui è rapido e poco profondo. Ci sono momenti in cui è lento e profondo. Ci sono momenti in cui tratteniamo il respiro e abbiamo la sensazione che tutto si fermi per un attimo. Ci sono momenti in cui cerchiamo di controllare o interferire con il respiro. Ci sono momenti in cui si può solo consentire che la respirazione vada da sé, fidandoci della saggezza del corpo. A volte, anche portare la consapevolezza al respiro può farci sentire ansiosi, soprattutto se abbiamo avuto qualche esperienza di problemi respiratori o sintomi di panico.

Il respiro può segnalarci il nostro stato d’animo in un dato momento. Può essere utilizzato come strumento per sintonizzare la nostra esperienza, il nostro corpo e le nostre emozioni. Può essere utilizzato come ancoraggio, per farci tornare indietro nel momento presente, quando il flusso dei pensieri ci porta alla deriva. Può essere un supporto per la nostra pratica di meditazione mindfulness, è sempre lì, come un amico cui sappiamo di poter fare sempre ritorno. Tutto quello che dobbiamo fare è di tornare alla nostra consapevolezza del respiro: alle sue sensazioni, alla sua qualità, al suono che produce.

Ogni volta che porterete la consapevolezza al respiro, qualsiasi cosa stiate facendo, provvederete immediatamente ad essere più presenti alla vostra esperienza.


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lunedì 27 giugno 2016

Non poterne fare a meno: le cattive abitudini

Noi diventiamo, quello che facciamo ripetutamente. (Sean Covey.)


Ci consideriamo come degli esseri che fanno le scelte della propria vita in modo razionale. Potrebbe sorprenderci sapere che, almeno nella metà del tempo della nostra giornata, facciamo qualcosa perché l'abbiamo già fatta in circostanze simili. Delle recenti ricerche, hanno evidenziato che da un terzo alla metà di tutti i nostri comportamenti si ripetono nello stesso luogo fisico ogni giorno. In altre parole, essi sono delle abitudini.

Capire come le abitudini si formano, perché possono essere dure da cambiare, ed i potenziali modi per trasformarle è un importante passo per ritrovare la libertà e la pace. Il miglior modo per capire le proprie abitudini, è accendere su di loro la luce della propria consapevolezza, in questo modo sarà possibile allineare le proprie azioni con i propri valori più profondi.

Le abitudini sono comportamenti che si sono sviluppati attraverso la loro ripetizione nel tempo. Fare una certa azione in un determinato contesto per molto tempo, porta all'attivazione di un comportamento attivato da stimoli contestuali (tempo, luogo, sensazioni e così via), allontanandolo dalle intenzioni coscienti. Questo significa che quel comportamento diventa un'azione istintiva provocata da determinati stimoli. Si diventa inconsapevoli delle ragioni del nostro agire, entrando nella condizione del pilota automatico. Le abitudini non sono delle anomalie, ma sono il frutto della nostra evoluzione. Rendendo automatiche alcune azioni il nostro cervello risparmia energia, permettendo alla nostra mente di impegnarsi su delle funzioni più importanti come la creatività e la soluzione dei problemi. La routine può essere buona o cattiva, dipende dalle circostanze. Quando certe nostre abitudini diventano nocive per il nostro benessere fisico e psicologico diventano delle cattive abitudini.

Il prezzo che paghiamo per le cattive abitudini.


  • Mangiare, bere alcol, usare droghe, fumare, fare sesso o acquisti in modo compulsivo, lavorare troppo, giocare d'azzardo per tranquillizzare se stessi o per allontanare sensazioni spiacevoli (ansia, solitudine, incertezza).
  • Controllare i messaggi continuamente sul proprio smartphone o andando on-line, guardare la TV. spendendo inutilmente tempo ed energia, rendendoci assenti nella vita, nella famiglia e nel momento presente.
  • Agire spinti dalla rabbia causando dolore a se stessi ed agli altri (usando un linguaggio aggressivo, guidando nervosamente, inviando messaggi o e-mail piene di rabbia, sentendosi annoiati o arrabbiati con i familiari, glia amici, giudicando se stessi e gli alti negativamente).
  • Avere la sensazione di essere sempre da qualche altra parte.
  • Preoccuparsi del futuro, immaginando scenari paurosi.
  • Spendere molto tempo a pensare al passato: a quello che ci è accaduto, a come potevamo reagire diversamente, a quello che ci hanno fatto.
  • Procrastinare, non finendo progetti che abbiamo iniziato, rimandando degli obiettivi che c'eravamo prefissati.

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domenica 26 giugno 2016

Giorno d'estate

Chi ha fatto il mondo?

Chi ha fatto il cigno e l'orso bruno?

Chi ha fatto la cavalletta?

Questa cavalletta, intendo, quella che è saltata fuori dall'erba,

che sta mangiandomi lo zucchero in mano,

che muove le mandibole avanti e indietro invece che in su e in giù

e si guarda attorno con i suoi occhi enormi e complicati.

Ora solleva le zampine chiare e si pulisce il muso, con cura.

Ora apre le ali di scatto e vola via.

Non so esattamente che cosa sia una preghiera;

so prestare attenzione, so cadere nell'erba,

inginocchiarmi nell'erba,

so starmene beatamente in ozio, so andare a zonzo nei prati,

è quel che oggi ho fatto tutto il giorno.

Dimmi, che altro avrei dovuto fare?

Non è vero che tutto muore prima o poi, fin troppo presto?

Dimmi, che cosa pensi di fare

della tua unica vita, selvaggia e preziosa?



Mary Oliver


Da New and Selected Poems, Boston, Beacon Press, 1992


Se dovessi rivivere la mia vita.

Se dovessi rivivere la mia vita,

la prossima volta oserei fare più errori,

sarei più rilassata, meno intransigente,

più folle di quanto non lo sia stata questa volta.

Prenderei sul serio molte meno cose.

Coglierei più occasioni.


Viaggerei di più, scalerei più montagne e nuoterei in più fiumi.

Mangerei più gelati e meno fagioli.

Forse, avrei più guai;

ma meno guai immaginari.


Vedete, sono una di quelle persone che è sempre stata riflessiva e sana,

ora dopo ora, giorno dopo giorno.

Oh, ho avuto i miei momenti., se dovessi tornare a vivere,

ne avrei di più.

Anzi, cercherei di avere solo quelli attimi

l'uno dopo l'altro,

vivrei pensando all'oggi anziché al domani.


Sono stata una di quelle persone che non vanno mai in un posto

senza portare con sé un termometro, una borsa dell'acqua calda,

un impermeabile e un paracadute.

Se rivivessi, viaggerei più leggera.

Se rivivessi, comincerei a girare scalza dall'inizio della primavera

fino ad autunno inoltrato.

Andrei a più balli,

cavalcherei più cavalli da giostra,

raccoglierei più margherite.


NADINE STAIR (85 anni)


Mindfulness: essere in contatto.

La mindfulness è una qualità dell'essere umano che può rendere profondo il suo senso di benessere e appagamento. Si tratta di prestare attenzione a ciò che sta accadendo nella nostra esperienza presente, con un atteggiamento di apertura e di accettazione non giudicante. Coinvolge tutti i nostri sensi, e ci apriamo a tutta la nostra esperienza, prendendo coscienza del nostro corpo, delle emozioni, dei pensieri e dell'ambiente esterno.

Si tratta di "tornare ai nostri sensi", essere in contatto con noi stessi, con gli altri e il nostro ambiente nel momento presente. Essa è uno stato naturale di presenza intuitiva in cui ci si sente più connessi con l’universo, reali e vivi.

La consapevolezza è uno stato dell'essere che è accessibile a ognuno di noi. È anche una competenza che può essere coltivata più profondamente nella nostra vita. Alcuni momenti di presenza consapevole li abbiamo sicuramente avvertiti in alcuni momenti della nostra vita, ma forse non sapevamo che si trattava di uno stato particolare dell'essere quando li abbiamo provati.

È probabile che abbiamo avvertito questo stato nei momenti più tranquilli, quando eravamo in luoghi di bellezza naturale, semplicemente "respirando", guardando un bel tramonto o in piedi vicino al mare o ad una cascata. Forse ci è capitato in alcuni momenti particolari, quando eravamo con una persona cara, durante la nascita di un bambino, o anche alla presenza di qualcuno che stava morendo. Questi sono i momenti che con più probabilità faranno parte dei nostri ricordi e in cui non ci siamo fatti distrarre da altre questioni più banali. Altre occasioni in cui abbiamo avvertito le qualità di una tale presenza consapevole sono quando siamo stati interamente impegnati in un'attività che amiamo, come suonare uno strumento musicale, danzare, andare a cavallo, o semplicemente mentre eravamo seduti in una piazza soleggiata durante una vacanza, sorseggiando un cappuccino.

Sappiamo benissimo che questo non è forse il nostro modo abituale di funzionamento. Durante la nostra vita stressante, la nostra attenzione è solitamente dispersa. Siamo occupati allo stesso tempo in una serie di compiti e pre-occupazioni, e nessuna delle nostre azioni o pensieri riceve la nostra attenzione. Di solito passiamo stressati da una cosa all'altra, come una scimmia su un albero, afferrando le cose che ci interessano o che richiedono la nostra attenzione, andando alla deriva verso qualcosa di diverso, perché distratti, sognando ad occhi aperti, immersi nei nostri pensieri e nelle preoccupazioni per quello che è successo ieri o per quello che dobbiamo fare domani, dando a quello che stiamo facendo solo metà della nostra attenzione, non sentendo pienamente ciò che ci viene detto, pre-occupati da problemi e da timori, giudicando continuamente le nostre esperienze come buone o cattive in accordo alle nostre preferenze e spesso reagendo contro il modo in cui le cose sono realmente. Questo è il nostro stato ordinario della mente e non è esattamente pacifico. Possiamo spendere buona parte della nostra vita in questo modo, non essendo pienamente presenti e quindi mancando alla maggior parte dei momenti in cui viviamo.

Questo stato abituale della mente e dell'essere ci è, purtroppo, molto familiare. Stiamo vivendo la nostra vita con una specie di pilota automatico, senza contatto con noi stessi, con i nostri corpi e le nostre emozioni. A volte sembra come se stessimo "vivendo nelle nostre teste" e il nostro corpo serve solo per portarci in giro. Le nostre vite stressanti contribuiscono certamente a questo modo di essere, ma quando diventa il nostro stato abituale, ci possono anche essere associati un certo numero di problemi di salute. Imparare a invertire queste abitudini e a coltivare modi positivi di essere sarà molto utile per rendere la nostra vita più felice e più sana.

Quando siamo in grado di entrare in contatto con le qualità della consapevolezza, avvertiamo una sensazione di tornare alla nostra casa, quella presente nel nostro cuore. Possiamo scoprire di entrare in contatto con un senso di luminosità, di chiarezza di intenti, di giocosità, di creatività e pace interiore. Si dice che i praticanti di mindfulness sviluppino un atteggiamento più ottimista nella loro vita, e un coraggio che permette loro di lavorare con le sfide della vita, piuttosto che evitarle. Certo, la consapevolezza non è solo avere più momenti di beatitudine, si tratta di essere più pienamente presenti nella nostra vita, rimanendo curiosi, abbracciando tutte le nostre esperienze, e, soprattutto, cambiando il rapporto che abbiamo verso la nostra sofferenza.


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mercoledì 26 novembre 2014

La consapevolezza del proprio corpo.

Noi siamo il nostro corpo. La nostra esistenza è dovuta all'unione di due cellule, che diventano un essere umano composto di 100.000 miliardi di cellule, le quali, anche se diverse una dall'altra, interagiscono per tenere in vita il singolo individuo. Attraverso il nostro corpo realizziamo la nostra esistenza e mentre lo facciamo esso si plasma ai nostri modelli della realtà. La relazione che abbiamo con il corpo è, nella maggior parte delle volte, inconsapevole. Ne diventiamo consapevoli quando avvertiamo dei segnali più marcati provenienti dal nostro organismo, i quali ci avvisano che sta succedendo qualcosa cui dobbiamo portare attenzione. Quando questi segnali sono di disagio, li avvertiamo come dolorosi. Quando non siamo presenti a noi stessi, non siamo in grado di percepire i segnali che ci provengono dal corpo, con gravi conseguenze per il nostro benessere e per la nostra salute. Per questo motivo, nella mindfulness il primo esercizio riguarda la capacità di porre attenzione ad ogni sensazione proveniente dalla più piccola parte del corpo.
La pratica della scansione del corpo si realizza osservando le sensazioni che provengono da esso, senza fare valutazioni su quello che si percepisce: solo osservare. Non esprimendo giudizi accettiamo il nostro corpo per quello che è, evitiamo di attivare i nostri vissuti verso di esso. Vissuti che possono essere: sia conflittuali come il rifiuto di tutto o di una parte del corpo, sia ansiosi riguardo a possibili malattie.
Questo esercizio si fa sdraiati su una superficie dura quale può essere un letto o, qualora questo fosse troppo morbido, su di una coperta sul pavimento. Potete farlo anche da seduti anche su una sedia nella posizione che vedete dall'immagine. L'intento dell'esercizio non è farvi rilassare, anche se potrebbe accadere, ma imparare ad essere consapevoli del proprio corpo.
Il corpo non appoggia allo schienale. Stando seduti su metà cuscino, il bacino si solleva, tenendo la colonna vertebrale dritta. In questo modo la respirazione è più profonda. La spalle sono rilassate.
Ricordatevi che è opportuno non essere disturbati durante la pratica. Questo esercizio nel training della mindfulness è ripetuto una volta al giorno nella prima settimana.
Provateci e non abbiate paura delle difficoltà, perché nella mindfulness comunque vada l'esercizio, esso è servito ad divenire consapevoli di alcuni momenti della vostra vita. Potete seguire questa guida audio che è tratta dal libro Metodo Mindfulness edito dalla casa editrice Mondadori.